Si parte per la seconda tappa con il cielo coperto, ma non piove. Lungo il percorso troveremo, però, sentieri infangati con diverse pozzanghere che renderanno difficoltosa la pedalata, ma poche volte mi sono divertito tanto.
Dopo la visita al Santuario di Greccio, oggi il cammino è dedicato ad altri due Santuari della valle reatina: Santa Maria della Foresta e San Giacomo Apostolo a Poggio Bustone che la tradizione vorrebbe fossero stati fondati da San Francesco ma, come sappiamo, nel frequentare questi monasteri era sempre ospite dei benedettini. Lui, invece, in tutta la sua vita non ha mai avuto intenzione di realizzare simili edifici, né per sé, né per i suoi seguaci, rimanendo fedele al principio della povertà assoluta. Ne avremo la conferma quando visiteremo la Porziuncola e il Sacro Tugurio di Rivotorto, gli unici di cui storicamente abbiamo avuto notizie di un suo intervento diretto, limitandosi sempre a riparare alcuni luoghi abbandonati e in rovina. Francesco, inoltre, non ebbe mai una fissa dimora, anche in questo ad imitazione della vita di Gesù.
Usciamo da Rieti per la Porta d’Arci che oltrepassa le mura medievali dalla tipica merlatura guelfa. All’uscita di Rieti inizia la prima salita che porta al Convento La Foresta, che fu al centro di alcune vicende che lo videro protagonista. Nell'estate del 1225, su suggerimento del cardinale Ugolino, essendo presente papa Onorio III con la sua corte e i suoi medici, Francesco è invitato a venire a Rieti per farsi curare dalla grave malattia agli occhi. Arrivato alle porte di Rieti, il santo, preoccupato per le calorose accoglienze che lo attendevano, preferì ritirarsi in un luogo appartato e per questo motivo soggiornò per più di cinquanta giorni presso la chiesa di San Fabiano, proprietà della Curia reatina, officiata da un prete privo di risorse economiche. Durante il suo soggiorno si verificò quello che la leggenda chiama il “miracolo del vino”. Dovunque passava, la gente accorreva per vederlo, incontrarlo, toccarlo. Anche i reatini, scoperto il rifugio del Santo, vi accorrono numerosi. Non disdegnano, dopo aver visitato Francesco, di assaggiare l’uva della vigna del prete. Il prete se ne lamentò tanto perché il raccolto dell’uva era il sostentamento per l’intero anno e ripeteva “ormai la mia vigna è perduta”. Il santo di Assisi ordinò comunque di raccogliere i pochi grappoli che fece pigiare in una vasca (ancora visibile nella struttura) ottenendo miracolosamente più del doppio del vino ottenuto l'anno precedente con un raccolto completo. La chiesetta di San Fabiano, esistente all’epoca della sosta di San Francesco, fu successivamente ampliata con la costruzione del Convento di Santa Maria della Foresta. Secondo diverse fonti storiche, nel suo soggiorno presso S. Fabiano, Francesco scrisse il “Cantico delle Creature", anche se altre versioni dicono che fu scritto a San Damiano. Non credo che sia importante accertare dove sia stato scritto il cantico, è importante apprezzarne la sua poetica e la sua spiritualità.
Attualmente il Santuario di Santa Maria della Foresta è gestito dalla “Mondo X”, una comunità di recupero per i tossicodipendenti con numerose sedi in Italia. La Comunità è stata fondata nel 1964 dal francescano Padre Eligio, dell’ordine dei frati minori. Dal 1965 consigliere spirituale del Milan, divenne amico personale di Gianni Rivera. L’amicizia tra il cacciatore e il frate proseguì anche dopo il termine della carriera sportiva e politica di Rivera che confermò in numerose interviste la sua ammirazione per l'operato dell’amico frate.
La visita alla Foresta faceva parte del Cammino di San Benedetto scelto da "Viaggiareinbici" e, come lo scorso anno, anche quest’anno Paolo ha previsto di effettuare una visita al Santuario che rappresenta uno dei tanti luogi in comune tra Benedetto e Franceco. Un volontario ci ha accolti, insieme ad una scolaresca. Oltre a raccontare alcuni episodi circa la presenza di Francesco al Santuario, il volontario di Mondo X ci ha illustrato le motivazioni e gli obiettivi della Comunità.
La Comunità “Mondo X” svolge la sua opera vivendo del proprio lavoro (effettuando anche attività alberghiera e di ristorazione) avendo rinunciato, per volontà di padre Eligio, a qualsiasi finanziamento dello Stato. Secondo “Mondo X” il problema droga è molto più profondo di quel che si vuole far apparire: è interiore perché è un devastante sconvolgimento dell’anima e non spetta allo Stato farsene carico, ma alla Chiesa. Mondo X ritiene che “Allo Stato spetta il compito di attenuarlo e di impegnarsi di più a garantire una maggiore prevenzione più che il recupero”. Negli ultimi tempi la Comunità ha allargato la propria attività a tutto ciò che riguarda i disagi derivanti da ogni forma di dipendenza, non solo quelle da utilizzo di droghe.
Quella di “Mondo X” è, senz’altro, un’interpretazione interessante sull’attività di recupero che si affianca a quella di altre comunità di volontariato che adottano modalità diverse, ma sempre utili a contenere una piaga della società odierna.
Lasciata la Foresta si prosegue lungo la salita che porta al borgo di Cantalice, oltrepassato il quale, dopo altri 10 chilometri arriviamo a Poggio Bustone. All’inizio del paese sono stati realizzati i “Giardini di Marzo” con la statua di Lucio Battisti con la sua immancabile chitarra.
La foto collettiva è stata un doveroso omaggio al grande cantautore nato in questo borgo della Sabina. Il nostro gruppo di cicloturisti è formato da “meno giovani” tutti cresciuti con le sue melodie, stregati da quella che fu considerata una tecnica vocale imperfetta, ma anche da un linguaggio semplice. Sono un suo coetaneo, essendo nato pochi mesi dopo di lui e pur non essendo un fanatico della musica leggera mi sono deliziato ad ascoltare le sue canzoni, che continuo ad apprezzare molto. Al contrario di molti colleghi del suo tempo non fu un artista impegnato, né in politica né nel sociale. Nell’epoca d’oro della canzone di protesta, trattò prevalentemente temi sentimentali. Si dichiarò sempre politicamente indifferente, alienandosi le simpatie dei giovani “contestatori” di sinistra che, però, ascoltavano estasiati le sue canzoni.
Certamente Poggio Bustone è il paese natale del Lucio nazionale, ma è anche un’altra località francescana importante che il fraticello visitò per la prima volta con i suoi cofratelli nel 1206. Il Santuario di San Giacomo Apostolo, attualmente esistente, è stato costruito alla fine del XIV secolo. Superato il borgo di Poggio Bustone arriviamo al Convento che, dopo diverse manomissioni, è stato ristrutturato recentemente e riportato alla sua versione originale. Poggio Bustone fu il primo luogo della Valle Santa Reatina ad accogliere San Francesco ancora dilaniato per il rimorso dei peccati della sua vita precedente. Cercando un luogo nascosto dove raccogliersi in meditazione, Francesco si rifugiò sui monti che sovrastano il paese, dove secondo la leggenda gli apparve un angelo che gli annunciò la remissione dei peccati e gli preannunciò il luminoso futuro del suo Ordine. E’ a questo luogo che si fa risalire la vera nascita spirituale di Francesco. Sempre qui a Poggio Bustone, con il perdono ricevuto, iniziò la sua missione, rivolgendo a tutti quel saluto toccante e semplice: “Buongiorno, buona gente” con cui seppe entrare in contatto con le persone e cominciò ad attirarle a sé. Lo spirito francescano è inciso sul lato dell’ingresso del Convento di San Giacomo, con le parole che Francesco rivolgeva ai suoi discepoli: “Andate carissimi a due a due per le diverse plaghe della terra e annunziate agli uomini la pace”.
Si racconta che durante una passeggiata nei boschi di Cepparo di Rivodutri, poco distante da Poggio Bustone, fu sorpreso da un forte temporale. Cercando riparo sotto un albero di faggio, questo estese i suoi rami a proteggere il viandante formando intorno a lui una sorta di capanna, intrecciando i rami in una forma particolare che corre parallela al suolo. Un evento del tutto inusuale per questo tipo di albero che, normalmente, si estende in altezza. In tutto il mondo esistono solo altri due esemplari che presentano la stessa mutazione: uno in Inghilterra e uno in Nord America.
E’ uno dei 150 alberi monumentali d’Italia, categoria che comprende esemplari di eccezionale valore storico, paesaggistico o culturale. L’esemplare della specie “Fagus Sylvatica” di Cepparo ha un diametro di 7 metri ed alto 6 metri. È divenuto Monumento Naturale con decreto del Presidente della Regione Lazio nel 2008. Per quanto riguarda la datazione, gli studi più accurati parlano di un albero secolare, ma che non supera i 250 anni di età. Per conciliare scienza, storia e fede è più lecito pensare che Francesco abbia potuto vedere l’antenato di questo albero.
Dopo la visita a San Giacomo, meta obbligatoria è stato il “Faggio di San Francesco” che si trova a circa mille metri di altitudine, poco dopo l’abitato di Cepparo, nel comune di Rivodutri. Si continua a salire per strade secondarie e sentieri, accompagnati da una leggera pioggia, fino ad arrivare ad una chiesetta di recente costruzione, di fronte alla quale c’è un arco di legno che indica l’ingresso al sentiero che ci porta al vecchio faggio. Da profano devo dire che è un albero strano e se i botanici hanno accertato che ne esistono solo tre esemplari al mondo è del tutto giustificabile la leggenda del miracolo che è stata tramandata. Sostiamo per fare una visita e per scattare qualche foto, ma anche per riposarsi dalla lunga e faticosa salita. Nonostante il cielo plumbeo che non promette niente di buono il posto è meraviglioso, di un verde fitto, intervallato con qualche radura colorata di fiori prataioli. Francesco sapeva scegliere i luoghi dove meditare.
Il faggio di San Francesco è un “Monumento naturale”. La denominazione di monumento naturale viene attribuito a un bene che possiede qualità estetiche naturali e un elevato significato culturale e simbolico. L’intera zona intorno al parco è stata dichiarata Area naturale protetta con decreto regionale del 15 febbraio 2018.
Risalendo per il sentiero mi colpiscono alcuni rami o radici un po' particolari sparsi nel prato. La curiosità è data dai colori che non mi sono sembrati naturali. In un primo momento ho creduto ad un’intrusione in mezzo a tanta bellezza naturale. Si tratta di “radici auree” volute dalla Fondazione Mondo Digitale, nell’ambito del bando “Arte sui Cammini” promosso dalla Regione Lazio. Le opere sono state realizzate dall’artista Mariagrazia Pontorno con l’aiuto dei ragazzi del territorio. Si tratta di un’installazione permanente di tre sculture bronzate immaginate come simboliche estensioni delle radici dell’albero sacro, che si snodano lungo la strada in funzione anche di sedute per i pellegrini in cammino. Dopo attenta riflessione ho pensato che questo intreccio tra arte e natura non sia così inopportuno.
Lasciato il faggio, ritorniamo indietro in discesa per circa un chilometro fino ad un sentiero che, all’inizio, è abbastanza agevole, ma che diventa sempre più difficoltoso per la presenza di pietre e di buche, ma soprattutto per la recente pioggia che rende il terreno scivoloso. Una situazione che a me diverte molto, ma per non ostacolare il percorso ai compagni di viaggio, e non essere ostacolato, in alcuni tratti di discesa mi avvantaggio e vado a ruota libera. Lungo il bosco di San Francesco mi sono proprio divertito. Al termine del sentiero riprendiamo la strada asfaltata per alcuni chilometri e arriviamo a Valliola dove al Ristorante Maria arriviamo troppo tardi e ci dobbiamo accontentare di mangiare qualche panino. Dopo la sosta proseguiamo in discesa sulla strada asfaltata, al termine della discesa Paolo devia su un sentiero che pian piano viene cancellato dall’erba alta. Con una certa difficoltà riesce a individuare il percorso e arrivare ad un sentiero di campagna che costeggia il Lago di Ripasottile. Transitiamo di fianco al fabbricato delle idrovore che regimentano le acque della piana che confluiscono nel fiume Velino. La Valle reatina è stata oggetto di lavori di bonifica fin dai tempi dei romani. Un ruolo importane nella bonifica hanno avuto i cistercensi di San Pastore, ma la soluzione definitiva è avvenuta dei primi anni del Novecento con la costruzione delle dighe del Salto e del Turano. Del grande Lago Velino sono rimasti alcuni laghi minori. Tutta la pianura è stata resa fertile e destinata all’agricoltura.
Anche oggi abbiamo attraversato la Valle reatina, ma da un altro versante rispetto a ieri. La presenza degli eremi francescani e dei monasteri benedettini hanno dato giustamente il nome di “Valle Santa” alla pianura, ma questo luogo è anche un “paesaggio rurale storico” iscritto nel Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico: il “Paesaggio della Bonifica Romana e dei Campi allagati della Piana di Rieti”.
Lasciato il Lago di Ripasottile poco dopo inizia la ciclabile che ci riporta a Rieti, avendo percorso circa 64 chilometri e incontrati posti stupendi dal punto di vista sia storico che paesaggistico. Nonostante il tempo sempre incerto e a volte minaccioso, con il fango che ha inzaccherato le nostre divise e le bici, posso dire che è stata una bella passeggiata cicloturistica …..da ricordare.
Rientrando al nostro albergo passiamo di fronte al “Monumento nazionale alla lira”. E’ una scultura commemorativa realizzata non per nostalgia della vecchia moneta, ma per ricordare la stabilità e l’unità del paese. Per tramandare alle future generazioni un pezzo di storia e di costume italiano è stato inaugurato il 1° marzo del 2003 su iniziativa dell’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. La sua realizzazione è stata affidata alle Fonderie Caggiati di Parma, che hanno utilizzato tre tonnellate di vecchie monete, cioè 2,2 milioni di tagli da 200 lire. E’ un monumento che ricorda tante polemiche che, dopo 20 anni, non si sono ancora definitivamente spente, ma ci si continua a chiedere se si campava meglio con due milioni di lire al mese allora o con mille euro oggi. Una domanda a cui si dovrebbe rispondere in termini economici e matematico-finanziari e che, invece, è stato sempre risposto in maniera superficiale secondo le sensazioni individuali, del tutto arbitrarie.
La decisione di erigere questo monumento “nazionale” a Rieti risiede nel fatto che il centro città costituisce l’ombelico d’Italia e rappresenta, quindi, tutte le città italiane.
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