L’ABRUZZO ULTERIORE

Giro del Gran Sasso in mountain bike


Antonella e Maurizio sono due appassionati ed esperti cicloturisti di Verona. Li ho conosciuti sulla Via Francigena che abbiamo percorso insieme nel maggio 2017 da Siena a Roma. L’anno successivo hanno soggiornato nel nostro b&B, facendo una sosta a Roseto mentre andavano in Puglia. Naturalmente abbiamo approfittato di parlare della nostra comune passione della bicicletta ed abbiamo concordato che avrei predisposto un progetto per fare un giro dell’Abruzzo in mountain bike. Erano rimasti incuriositi di come gli avevo presentato la nostra regione, sottolineando che ci sono tante bellezze naturali, artistiche e storiche sconosciute ai più, ma che non sfigurano di fronte alle tante meraviglie d’Italia. Anzi, in maniera provocatoria, ho affermato che, per me, l’Abruzzo è la regione più interessante tra tutte le regioni italiane.

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Il giro dell’Abruzzo in mountain bike doveva partire da Roseto e ritornare a Roseto e doveva durare 5-6 giorni. Dopo aver presentato l’Abruzzo in maniera entusiasmante, dovevo assolutamente organizzare il percorso per stupire i miei amici veronesi. Non dovevo deluderli! Ero fiducioso e sicuro di raggiungere l’obiettivo e di soddisfare la loro curiosità. L’Abruzzo non tradisce. Sono innamorato dell’Abruzzo da sempre e, pur non essendo la mia regione di origine, lo è diventata di adozione dopo essere arrivato a Roseto degli Abruzzi 43 anni fa, per motivi di lavoro. Conosco l’Abruzzo, lo visitavo frequentemente anche quando vivevo a Roma. Allora la mia meta preferita era il Gran Sasso, ma con il tempo ho avuto modo di ampliare i miei orizzonti in tutta la regione: dall’Abruzzo Ulteriore all’Abruzzo Citeriore. I due territori divisi dal fiume Aterno-Pescara, una divisione amministrativa che risale al medioevo. A nord del fiume veniva denominato Apriutium Ultra fiumen Piscariae a sud Apriutium Citra fiumen Piscariae. Perché l’Abruzzo era, ed ancora è, “gli Abruzzi”. Anche la Costituzione italiana aveva istituito la regione “Abruzzi e Molise”. L’istituzione delle regioni fu, però, procrastinata nel tempo e solo nel 1963 le due circoscrizioni furono divise in due regioni separate e, inspiegabilmente gli Abruzzi divenne l’Abruzzo. Due infauste decisioni in un colpo solo: quella di scindere i territori in due regioni separate e quella di cambiare nome agli Abruzzi. Decisione presa da politici poco lungimiranti, tra l’altro senza seguire le procedure costituzionali che stabiliva di ricorrere alla volontà dei cittadini con un referendum che non ebbe mai luogo. Onore e merito ai cittadini e alle amministrazioni comunali di Roseto degli Abruzzi che hanno voluto mantenere il nome “degli Abruzzi”. Per la verità era un po’ di tempo che pensavo di fare un percorso con la bicicletta in giro per l’Abruzzo. Poter fare da guida ai miei amici era una grande soddisfazione. Cinque giorni per vedere le cose essenziali intorno alla catena del Gran Sasso erano più che sufficienti, ma dovevo ponderare bene l’itinerario perché in bicicletta in un percorso così impegnativo, a fine giornata, ogni chilometro in più o in meno può essere determinante. All’ultimo momento, però, arriva la notizia che Maurizio aveva, per motivi di lavoro, solo 4 giorni disponibili. Ho dovuto allungare la lunghezza delle tappe per non modificare il percorso. Non volevo perdere nulla di ciò che avevo previsto: dalla ciclabile del Vomano a Campo Imperatore, da Rocca Calascio a L’Aquila, dal vecchio tratturo a Bominaco, da Popoli a Pescara. Con il rientro a Roseto lungo la costa, percorrendo parte del Corridoio Adriatico. Insieme ad Antonella e Maurizio si sono aggiunti altri due veronesi: Fernanda e Stefano. Siamo partiti in cinque con Gilda in auto che ci assisteva e, soprattutto, portava i nostri bagagli. Durante l’intero percorso non è successo nessun inconveniente e, per fortuna, non c’è stato bisogno di nessuna assistenza. Che il percorso fosse impegnativo non mi preoccupava perché conoscevo le capacità atletiche dei miei amici. L’unico problema, che ho dovuto risolvere in seguito alla modifica, è stata la prenotazione di nuovi alloggi. Avevamo scelto di fare il viaggio gli ultimi gironi del mese di giugno, per usufruire ancora di giornate abbastanza lunghe e prima che arrivasse il grande caldo. Il percorso è interamente “stradale” ad eccezione di: . Ciclabile del Vomano: km. 22 sterrati; . Tratturo della Piana di Navelli: km 3 sterrati

1° tappa: Roseto degli Abruzzi – Locanda del Cervo km. 67
La partenza era stabilita dal nostro b&b in Piana Grande, ma la vera partenza è avvenuta alla foce del fiume Vomano. La prima giornata l’avremmo trascorsa lungo il fiume fino alla “Locanda del Cervo” sulla ss. 80. Siamo partiti a livello del mare per arrivare a circa 800 metri con una costante e leggera pendenza.
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Dalla foce del Vomano siamo arrivati sulla nazionale Adriatica e attraversato il ponte abbiamo svoltato a destra per prendere la ciclabile sterrata che percorre la sponda destra del fiume fino a Fontanelle dove abbiamo riattraversato il fiume per portarci sulla sponda sinistra e continuare sulla ciclabile fino alla zona industriale di Castelnuovo Vomano. Un tratto di strada completamente privo di traffico e con una vista che spazia dal Gran Sasso ai Monti della Laga, fino ai Monti Gemelli. Al termine della zona industriale abbiamo girato a sinistra sulla strada provinciale 23. Dopo aver attraversato di nuovo il ponte sul Vomano, in località Monteverde Basso, abbiamo girato per costeggiare il fiume sulla sponda destra lungo la strada provinciale 23/d. Oltrepassata la frazione Piane Vomano abbiamo ammirato la sovrastante Torre triangolare di Montegualtieri. In località Case Gerardi abbiamo lasciato la provinciale che sale a Montegualtieri e proseguito dritto verso l’Agriturismo Capodacqua. Poco dopo la strada diventa di nuovo sterrata e superati alcuni sali-scendi si prende la ss 81 che in discesa si arriva a Val Vomano. Si incrocia la ss 150 e in 13 km con traffico sostenuto si arriva a Montorio al Vomano. Dopo 46 km siamo arrivati a 263 m. di altitudine, con una pendenza impercettibile. Ciò che si è fatta sentire, invece, è stata la calura che ci ha fatto apprezzare la sosta per il pranzo. Nel pomeriggio abbiamo preso la ss 80 del Passo delle Capannelle, sempre lungo la riva destra del Vomano abbiamo costeggiato il lago di Paganini e superato il bivio per Prati di Tivo in un paesaggio fitto di vegetazione. Ad Aprati Abbiamo oltrepassato il bivio per Crognaleto che porta ai Monti della Laga e dopo 22 km di salita graduale siamo arrivati agli 800 metri della Locanda del Cervo, meta della nostra prima tappa. Una tappa apparentemente non troppo impegnati ma il dislivello superato a partire dalla spiaggia di Roseto, a fine giornata, si è fatto sentire. Abbiamo pernottato alla Locanda dopo aver consumato un’ottima cena servita dal titolare che ci ha riservato un’ospitalità perfetta.

2° tappa: Locanda del Cervo – Rocca Calascio - km. 71
La seconda tappa è stata senz’altro la tappa più impegnativa con circa 40 km di salita, affrontati fin dall’inizio. Dalla Locanda del Cervo abbiamo fiancheggiato il lago artificiale di Provvidenza e, superata la sorgente del Vomano, siamo arriva al Passo delle Capannelle dove abbiamo girato verso l’Acqua di San Franco nel tratto più duro della salita presso la chiesetta di S. Vincenzo a 1455 metri di altitudine. Dopo 15 km di discesa molto panoramica si supera il bivio di Assergi e con 2 chilometri impegnativi di salita si arriva a Fonte Cerreto, la base della funivia del Gran Sasso.
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Da bravi ciclo-turisti abbiamo presa la moderna funivia che in pochi minuti ci ha portato al piazzale dell’Albergo di Campo Imperatore a 2.130 metri di altitudine. Chi non volesse prendere la funivia può proseguire sulla ss 17/bis che con 17 chilometri di salita impegnativa porta alla piana di Campo Imperatore. Si sale da 1.120 m. a 1.669 di altitudine. Al bivio di S. Egidio inizia un’altra salita molto più impegnativa che con circa 6 km arriva al piazzale dell’Albergo. L’albergo sarebbe famoso per aver ospitato Mussolini, prigioniero del governo Badoglio, ma del cui evento non c’è nessuna traccia. Di fronte al piazzale, oltre all’albergo c’è l’Osservatorio Astronomico dell’aeronautica Militare. Dopo una sosta per il pranzo abbiamo preso la discesa verso la pianura di Campo Imperatore ai piedi del
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Monte Brancastello, delle Torri di Casanova, del Monte Prena e del Monte Camicia. All’altezza del Lago Racollo si prende la strada per S. Stefano di Sessanio. Dopo 12 chilometri di saliscendi, un chilometro circa prima del vecchio borgo inizia un sentiero che porta direttamente a Rocca Calascio, meta della nostra seconda tappa, situata a 1.460 metri di altitudine. Rocca Calascio è un borgo fortificato abbandonato in seguito al terremoto del 1703. Ai piedi della rocca il borgo era abitato fino al primo dopoguerra. E’ rimasto disabitato fino alla fine del secolo scorso, ma negli ultimi tempi è iniziato un lavoro di restauro di alcuni edifici e realizzato un albergo diffuso oltre a diversi locali per il ristoro. Alloggiare in un vecchio borgo in prossimità di un castello medievale, in alta montagna, sembra di vivere in un’altra epoca. Naturalmente il soggiorno in una simile struttura non può essere paragonato ad un moderno “resort”. Sopportare alcuni inconvenienti è abbondantemente ripagato dall’accoglienza e dall’ambiente assolutamente surreale. Da notare che recentemente il comune di Calascio ha proibito il parcheggio delle auto in prossimità del borgo. Tale impedimento non interessa gli appassionati del “turismo lento”, ma è fonte di lamentele da parte dei numerosi automobilisti che salgono verso la Rocca. Abbiamo pernottato in tre stanze dell’albergo diffuso ed abbiamo apprezzato la percezione di vivere in vecchio borgo facendoci tornare, con l’immaginazione, molto indietro nella storia.

3° tappa: Rocca Calascio – Popoli - km. 92
E’ stata la tappa più lunga, ma con diverse discese che hanno reso più facile il percorso. Da Rocca Calascio siamo scesi a S. Stefano di Sessanio, un altro borgo meraviglioso che avrebbe meritato una visita più approfondita.
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Proseguendo verso Barisciano e Poggio Picenze abbiamo percorso 27 chilometri di discesa fino a San Gregorio. Non potevamo evitare una visita a L’Aquila, la città terremotata in piena fase di ricostruzione. Costeggiando il fiume Aterno siamo saliti verso la Basilica di Santa Maria di Collemaggio, simbolo della città, dove è stato incoronato papa Celestino. Naturalmente i miei amici sono rimasti favorevolmente impressionati dall’imponenza dei lavori di ricostruzione e, soprattutto, dalla bellezza della città con i suoi monumenti, le sue chiese e le sue piazze. Girare per i vicoli del centro città fino ad arrivare alla Fontana delle 99 cannelle è una grande suggestione per chiunque, ma in sella ad una bicicletta è senz’altro entusiasmante. Dopo aver fatto un ampio giro, visitando i monumenti più importanti, siamo ripassati dal piazzale di Collemaggio prima di lasciare la città e abbiamo ammirato ancora una volta l’imponente facciata di stile romanico-gotico con la facciata a coronamento orizzontale, tipico di tanti edifici religiosi abruzzesi.
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Lasciata L’Aquila abbiamo fatto a ritroso il percorso fino a Poggio Picenze dove abbiamo fatto la sosta per il pranzo presso il ristorante “Paneolio” curato dal giovane chef Eugenio che alla tradizione della nonna Maria ha aggiunto la ricerca di materie prime prevalentemente locali, presentate con professionalità. Proseguendo con un tratto in salita verso Barisciano siamo entrati nella Piana di Navelli, rinomata per la produzione dello zafferano. All’altezza di Castelenuovo abbiamo lasciato la nazionale per dirigersi verso gli scavi archeologici di Peltuinum dove abbiamo percorso l’antico tratturo che collegava L’Aquila con Foggia.
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Il Tratturo è oggi rappresentato da un sentiero a volte cancellato dalla crescita del grano, ma con una ricerca accurata è possibile rintracciate il percorso sterrato percorribile dai ruderi di Peltuinum fino a chiesa celestiniana di S. Maria di Centurelli. Da qui con una strada in salita di circa 4 chilometri si arriva al paese di Bominaco, sovrastato dal Castello medievale, ma rinomato soprattutto per la presenza di due gioielli architettonici: la chiesa di Santa Maria Assunta e l’Oratorio di San Pellegrino. Una deviazione non molto impegnativa che è assolutamente doverosa. Per la visita alle due chiese è necessario telefonare ai numeri affissi sul cancello. Le guide volontarie, ma molto disponibili, arriveranno dopo pochi minuti. Lasciati i due pregevoli edifici si ridiscende verso la ss 17, ma prima di dirigersi verso Popoli si potrebbe fare un’altra deviazione verso Civitaretenga (salita di 1 km.) dove ha sede la Cooperativa dello zafferano dell’Altopiano di Navelli. Dopo essere transitati per Navelli si ritorna alla ss 17 per proseguire verso Popoli che si raggiunge dopo 15 chilometri percorrendo una delle più rinomate strade della regione, famosa per la cronoscalata automobilistica le “Svolte di Popoli” e per un meraviglioso panorama sulla Valle Peligna. Dall’alto delle svolte si può osservare la Riserva naturale Sorgenti del Pescara (Capo Pescara) le cui acque si fondono con quelle del fiume Aterno provenienti dalle Gole di S. Venanzo.

4° tappa: Popoli - Roseto degli Abruzzi - km. 90
Popoli meriterebbe un visita più attenta di quella che abbiamo fatto noi che, dovendo affrontare circa 90 chilometri, abbiamo potuto dedicare solo un rapida visita per il centro storico.
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L’ultima tappa è stata completamente pianeggiante. Popoli è collegata a Pescara tramite la via Tiburtina, una strada molto trafficata, per cui abbiamo deciso di percorrerla in una giornata di festa. Una scelta molto indovinata, perché i 55 chilometri lungo il fiume Pescara sono stati affrontati con un traffico domenicale molto limitato. Ciò ci ha consentito di poter transitare con più tranquillità per le Gole di Popoli ammirandone il fascino che si riesce a percepire solo percorrendole in sella ad una bicicletta. Poco dopo le Gole di Popoli abbiamo visitato l’Abbazia di San Clemente a Casauria (IX sec.), monumento nazionale italiano. Rappresenta uno degli edifici religiosi non gestiti dalla Curia, ma dal Ministero delle Attività Culturali. Sempre lungo la valle del Pescara un altro edificio religioso di pregio da non perdere è
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L’Abbazia di Santa Maria d’Arabona risalente al XII secolo. Il complesso cistercense è situato in cima ad una collina che si raggiunge con una piccola deviazione, prima di Manoppello Scalo. Transitando per Sambuceto inizia una pista ciclabile che porta a sud del fiume Pescara che si oltrepassa mediante il nuovo ponte ciclopedonale che consente una vista panoramica sull’intera città e sul mare. Proseguendo verso nord si entra nella pista del comune di Montesilvano e, dalla zona dei Grandi Alberghi si supera il fiume Saline mediante un nuovo ponte stradale con annessa pista ciclabile. Per proseguire verso Marina di Città S. Angelo si è costretti a percorrere un tratto di Nazionale Adriatica, molto trafficata. All’ingresso di Silvi Marina si gira verso il lungomare da dove riprende la pista ciclabile che costeggia tutto il litorale fino alla pineta tra Silvi e la Torre di Cerrano. Superata la pineta si può godere della vista della Torre del XVI secolo, realizzata nel luogo dove si estendeva l’antico Porto di Cerrano distrutto dalla flotta veneziana nel 1447.
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Dalla Torre di Cerrano la pista prosegue all’interno della pineta fino al Torrente Calvano. Una pista completamente pavimentata raggiunge verso nord la frazione di Scerne di Pineto fino al Vomano dove un ponte in corso di costruzione non è ancora completato e costringe i ciclisti a deviare verso la nazionale per entrare a Roseto degli Abruzzi.Superato il ponte sul fiume Vomano si gira a destra verso la foce e il porticciolo di Roseto. Dopo 4 giorni intorno al Gran Sasso siamo ritornati sulla riviera da dove eravamo partiti. Mare e monti per 320 km con panorami splendidi e sempre diversi. L’Abruzzo è una delle poche regioni italiane che può offrire una simile esperienza. Posso anche dire di aver raggiunto il mio obiettivo di stupire e soddisfare i miei amici veronesi!

Giugno 2019


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