Una (moderata) passione


Sono una specie di apolide multiregionale. Nato a Cingoli mentre sotto le finestre marciavano le truppe naziste, pochi mesi dopo ho avuto il primo approccio con l’Abruzzo quando la “Brigata Maiella” liberava il Balcone delle Marche. La “Brigata Maiella” è stato l’unico gruppo partigiano riconosciuto ufficialmente dagli alleati ed è stato inquadrato nel Corpo d’Armata britannico che risaliva il versante adriatico. Scacciati i nazifascisti dall’Abruzzo, la banda non si sciolse e continuò la guerra di liberazione, dal Sangro al Senio, ottenendo il privilegio di entrare per primi a Bologna liberata. Gli abruzzesi della “Maiella” oltre che a Cingoli, si distinsero nella liberazione di Montecarotto, Pesaro, Brisighella, Monte Mauro, Asiago. La bandiera della “Brigata Maiella” è stata l’unica formazione partigiana decorata con la medaglia d’oro al valor militare.
Terminata la guerra i miei genitori sono "emigrati" a Roma dove ho vissuto per 34 anni e successivamente mi sono trasferito per lavoro a Roseto degli Abruzzi. Appartengo a tre regioni dell’Italia Centrale e mi identifico con tutte e tre, posso dire di essere un italiano …..medio.
La mia passione per la bicicletta risale ai tempi delle radiocronache del Giro d’Italia di Mario Ferretti, colui che ha pronunciato la frase che è restata nella storia del ciclismo italiano: “Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco celeste…” Erano i tempi di Bartali e Coppi. Ero tifoso di Coppi, ma poi conoscendo meglio la sua storia ho potuto apprezzare la grandezza di uomo e di atleta del “ginettaccio”.

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All’età di 4 anni ho ricevuto in regalo un triciclo (ero già sulla buona strada) ma la prima bicicletta l’ho avuta molto tempo dopo con i miei primi risparmi. La bici non l’ho comprata nuova perché le mie disponibilità non mi consentivano di comprare una bici nuova fiammante: l’ho realizzata a pezzi. Ho comprato prima il telaio (usato), poi tutti gli accessori (nuovi): il manubrio, la sella, le ruote e così via fino al montaggio completo fatto in casa, naturalmente freni e cambio “Campagnolo”. Si può ben comprendere che, invece di risparmiare, la mia prima bici mi è costata molto di più, ma ho avuto la soddisfazione di averla montata completamente con le mie mani, pagandola "a rate" senza dover firmare nessuna cambiale.
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Con la bici, che sentivo veramente “mia”, ho potuto conoscere tutte le strade dei Castelli Romani, fino alle salite dei Monti Prenestini. Ho fatto anche i primi giri turistici: da Roma arrivavo fino ai confini con l’Abruzzo, soggiornando anche in tenda. Insomma il richiamo per la bici era forte e con la bici correva anche la fantasia. Però con le prime responsabilità lavorative, inevitabilmente, ho dovuto ridurre il mio impegno sportivo. Il lavoro doveva avere la priorità, lo studio e il lavoro era l’unico modo per non perdere l'ascensore sociale e garantirsi un futuro dignitoso. Era iniziata un’attività professionale molto interessante, durata 40 anni. Ho continuato a fare attività sportiva, ma solo per divertimento e svago.
Raggiunta l’età della pensione, la disponibilità di tempo è diventata totale, lo stato di salute era buono e quindi ho pensato di poter ritornare alla mia vecchia passione. Tra tutti gli sport, però, il mio urologo più che scoraggiare mi ha tassativamente vietato di praticare il ciclismo. Ciò fino a quando, qualche anno dopo, altri medici mi hanno tranquillamente detto che l’attività sportiva “moderata”, compreso il ciclismo, non era controindicata.
Non me lo sono fatto ripetere due volte, ho subito comprato una mountain bike, questa volta nuova fiammante, con la quale ho cominciato a percorrere tutti i sentieri lungo le colline intorno a Roseto fino alle montagne abruzzesi. Da quel momento ogni anno ho macinato chilometri su chilometri in sella alla mia MBT. Sono diventato un cicloturista, alla ricerca di una vacanza non consumata, ma vissuta con spirito sportivo. Per quattro volte ho fatto la Via Francigena e ogni volta è stato come se fosse la prima volta: una nuova rivelazione di un territorio interessante dal punto di vista paesaggistico, storico e artistico. Ormai sono dieci anni che curo la mia passione di cicloturista e, consapevole di non avere molto tempo davanti a me, cerco di approfittare di qualunque occasione per scoprire sempre nuovi percorsi.
Mi piace ideare itinerari personalizzati, ma vado spesso con gruppi di cicloamatori e con guide specializzate. Oltre alla Via Francigena ho percorso con gli amici di "Viaggiareinbici" il Cammino di San Benedetto e il Cammino di San Francesco.
Amo l’Abruzzo che conosco molto bene, mi piace anche farlo conoscere agli amici come Maurizio e Antonella che, qualche anno fa, dal Veneto sono venuti alla scoperta delle bellezze intorno al Gran sasso.
Per tanti anni ho attraversato l'Appennino con l'auto o con i mezzi pubblici. Ho fatto anche diverse escursioni a piedi lungo le montagne dell'Italia Centrale. In questi ultimi tempi sto scoprendo l'Appennino in maniera diversa. Ho pedalato lungo le strade e i sentieri abruzzesi: dal mare alla montagna, dal Gran sasso alla Maiella. Il percorso che mi ha più soddisfatto è stato quello lungo la "Dorsale" dell'Appennino centrale, un percorso di oltre 650 chilometri dal Mugello al Gran Sasso valicando i passi stradali più alti della Toscana, dell'Emilia, delle Marche, dell'Umbria e dell'Abruzzo. Un tracciato realizzato in casa sulle carte del Turing Club, in gran parte fatto di strade secondarie con poco traffico e panorami stupendi.
Nell’Appennino è scritta una parte importante della nostra storia. Una storia minore, lontano dai grandi avvenimenti. Sono attirato dagli Appennini perché nei vecchi borghi di montagna, più che nelle città, si possono rivivere le tradizioni più autentiche. Ma c’è anche tanta civiltà e tanta cultura, Posso testimoniare che ho incontrato piccoli centri con abitanti orgogliosi di preservare le loro memorie e impegnati nella cura del territorio. In tanti chilometri percorsi lungo l’Appennino non ho mai trovato rifiuti sparsi come nelle città, ormai sempre più caotiche: megalopoli senza identità. Cittadini disorientati e rassegnati di fronte all’ineluttabilità del caos delle metropoli.
Concepisco lo sport soprattutto all’aria aperta, il ciclismo è, quindi, lo sport ideale per me e il paesaggio ricopre un ruolo fondamentale. Il paesaggio in sella ad una bicicletta è ancora più suggestivo. L’attività sportiva deve essere creativa e mi verrebbe da dire che dovrebbe essere poetica. Il solo gesto atletico non ha senso se alla pedalata non posso abbinare un interesse culturale. Andando in bicicletta cerco sempre di scoprire nuovi sentieri, ma anche nuove località, nuovi panorami, senza trascurare antichità e opere d’arte. Insomma l'utilizzo della bici è solo un mezzo, una scusa per poter camminare e .....vedere.
Tanti anni vissuti a Roma mi hanno educato ad apprezzare la bellezza e l’arte. Di Roma non ammiro i grandi monumenti. Mi piace la Roma segreta, i luoghi più marginali dove, dietro qualche angolo ignoto, si nasconde un’opera d’arte o un simbolo storico sconosciuto. Da “Ragazzo de Borgata” non frequentavo i grandi eventi, preferivo la cantina del “Folk Studio” con Giovanna Marini e Paolo Pietrangeli. Amante della storia e dell’arte ho scelto, per contrappasso, di terminare la mia vita in una piccola cittadina senza storia e senza arte, che mi consente di vivere in un’abitazione immersa nella natura: un piccolo angolo di bellezza. Ho compiuto per quattro volte il percorso della "Via Francigena" Lucca - Siena - Roma non solo per i magnifici paesaggi della Toscana e dell'Alto Lazio, ma soprattutto perché entrare in bicicletta nella mia città di adozione è, per me, un sogno indescrivibile.
La “paesologia” è un termine inventato da Franco Arminio. E’ la narrazione dei centri minori e dei loro abitanti, è il racconto del piccolo, è la poetica del paesaggio. E’ l’arte dell’essenziale, è la ricerca della bellezza naturale. La “paesologia” canta la semplicità e l’umiltà del “villano”, ma è anche la rivincita verso il caos delle metropoli e le degenerazioni del mondo digitale. Franco Arminio dice: “Non è la crescita la nostra salvezza. La nostra crescita è la poesia” (Arminio F., "Comizio a Cairano", dal blog Paesologia, 2009)
Sono anche d’accordo con il mio amico Paolo Crepaz che dice: “l’uomo deve poter continuare a giocare se vuole sopravvivere”. In sella ad una bicicletta io sento di giocare, perfino sotto lo sforzo fisico su una ripida salita, ma ancor di più gettandomi, con prudenza, in qualche discesa. Anche se i puristi della bicicletta storceranno la bocca, per continuare a giocare alla mia non più giovane età, ultimamente ho preso una bici elettrica per agevolare la mia passione.
Già cento anni fa il giornalista scrittore Alfredo Oriani scriveva “Il piacere della bicicletta è quello stesso della libertà”. Chi si ferma è perduto ed io credo fermamente che “se siamo stanchi è perché abbiamo smesso di camminare”. Per questo, finché le mie forze e la mia volontà me lo permetteranno, io voglio continuare a camminare e pedalare .....liberamente.

Ottobre 2023